A colloquio con il Prof. Vincenzo Patella

Redazione Semplicemente Salute
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A colloquio con il Prof. Vincenzo Patella

Allergici si nasce o si diventa? Che effetto ha il cambiamento climatico sulla diffusione delle allergie respiratorie? E l’inquinamento dell’aria? E come gestire al meglio le allergie ai pollini? Di questo e di molto altro abbiamo parlato con Vincenzo Patella, Presidente SIAAIC, Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica e Direttore UOC Medicina Interna a indirizzo Immunologico e Respiratorio Azienda Sanitaria Salerno

1. Dati aggiornati e trend epidemiologici

  • Quali sono i dati più recenti sulla diffusione delle allergie respiratorie in Italia? Si osservano tendenze in aumento e quali fasce di popolazione sono maggiormente coinvolte?

I dati più recenti sulla diffusione delle allergie respiratorie, raccolti da AGENAS, mostrano che le patologie allergologiche, insieme a quelle reumatologiche, sono tra le più diffuse dopo le malattie cardiovascolari. Rispetto a dieci anni fa, il dato sulle malattie allergologiche mostra uno degli aumenti più alti. Infatti, secondo i dati ISTAT, nel triennio 2018-2020 l’incidenza di nuovi casi all’anno era dell’11%: nel 2024 ha raggiunto il 16%, quindi senza dubbio un incremento importante.

  • Quale sarà l’incidenza delle allergie respiratorie per questa stagione? 

In generale, la percentuale di popolazione colpita si aggira tra il 10% e il 30%. L’incidenza di queste patologie varia ogni anno ed è sicuramente influenzata dall’anticipo e dalla durata – sempre più lunga –  della stagione pollinica, che quest’anno è iniziata 25 giorni prima rispetto alle previsioni. Negli ultimi anni, l’incidenza complessiva delle allergie respiratorie si è attestata intorno al 27-28%, e si prevede che per la stagione 2025 i dati siano in linea con quelli dello scorso anno.

  • Si osservano delle tendenze in aumento? Quali fasce di popolazione sono maggiormente coinvolte nel fenomeno allergico generale?


Tutte le fasce di popolazione sono interessate, ma i dati variano a seconda del tipo di allergia e della fascia d’età analizzata. Ad esempio, le allergie alimentari colpiscono oltre l’8% dei bambini, mentre tra gli adulti la percentuale scende al 3%. Per le allergie respiratorie, il dato per i bambini è circa del 20%

Anche per gli anziani sopra i settant’anni, si osserva un aumento delle allergie respiratorie, con un incremento del 6-7% rispetto ai decenni precedenti. Questo fenomeno si chiama “aging in allergy”. 

  • Ci sono differenze geografiche significative nella diffusione delle allergie respiratorie? 

Più che legata a una differenza di latitudine, la diffusione delle allergie respiratorie è correlata al livello di urbanizzazione dell’area in cui si abita: infatti, più ci avviciniamo a un’area densamente popolata e più aumentano i casi di allergia. Contrariamente a quanto si possa pensare, il polline è molto più presente in città per una serie di fenomeni. Il primo è legato sicuramente ai venti e alle correnti: il polline dei parchi urbani ha minore volatilità rispetto a una graminacea in campo aperto e ha una maggiore capacità allergizzante perché interferisce con i gas di scarico (soprattutto con il riscaldamento da idrocarburi, ma anche con i gas esausti delle auto). Il secondo è, invece, legato alle onde di calore e alla loro propagazione, perché in città il calore viene maggiormente trattenuto: questo fa sì che più ci avviciniamo alle aree urbanizzate, più aumenta l’incidenza delle allergie respiratorie.

  • L’allergia respiratoria può incidere sulla produttività lavorativa e sulla qualità del sonno. Esistono studi che quantificano questo impatto?

Numerosi studi hanno analizzato l’impatto della rinite e dell’asma allergico sulla qualità della vita, evidenziando ripercussioni significative anche sul versante socioeconomico. Lo studio americano The Economic Burden of Asthma ha stimato che interventi mirati potrebbero ridurre i costi annuali del trattamento dell’asma severo di 50 milioni di euro (27%) e dell’asma eosinofilico severo di 31,7 milioni di euro (26%). Queste patologie possono compromettere la produttività lavorativa, con assenze dal lavoro per malattia che possono raggiungere i 18 giorni all’anno. Nei giovani, si osserva un impatto negativo sul rendimento scolastico, spesso legato alla scarsa qualità del sonno e alla conseguente difficoltà di concentrazione. Anche l’uso di farmaci per le allergie respiratorie, come gli antistaminici, può influenzare le attività quotidiane a causa dei loro effetti sedativi, rendendo preferibile l’impiego di formulazioni più recenti (i cosiddetti “farmaci di seconda generazione”) e una valutazione personalizzata del trattamento.

  • Allergici si nasce o si diventa?

L’allergia è una condizione che dipende sia dalla predisposizione genetica che dall’esposizione ambientale. Da un lato, è vero che molti soggetti allergici presentano una familiarità genetica che li rende più inclini a sviluppare una risposta allergica (sono stati individuati diversi geni, localizzati in specifiche aree cromosomiche, coinvolti nei meccanismi dell’infiammazione allergica). Dall’altro, senza un’esposizione significativa a fattori allergenici come pollini, acari, muffe o peli di animali (forfora), una persona predisposta geneticamente potrebbe non manifestare alcuna allergia. Questo aspetto è particolarmente evidente negli studi di medicina della migrazione, che mostrano come individui provenienti da determinate aree, una volta esposti a nuovi allergeni, possano sviluppare improvvisamente reazioni allergiche pur non avendo avuto episodi in passato. L’ambiente gioca quindi un ruolo determinante nella manifestazione delle allergie respiratorie, incidendo per circa il 70%, mentre la componente genetica influisce per il 30%. In queste valutazioni, è bene tenere a mente che secondo uno studio predittivo dell’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica (EAACI), nel 2050 oltre il 50% della popolazione sarà allergica e non si profilano miglioramenti nello scenario futuro.

2. Impatto del cambiamento climatico e dell’inquinamento

  • Il cambiamento climatico sta influenzando il periodo e l’intensità della stagione allergica? Quali dati recenti lo confermano?

Sì, il cambiamento climatico sta influenzando la stagione allergica sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, principalmente a causa dell’anticipo della primavera. Rispetto al passato, infatti, i pollini compaiono con 20-30 giorni di anticipo e la loro presenza si prolunga fino a settembre inoltrato. In alcune aree del Sud Italia i pollini sono addirittura presenti durante tutto l’anno.

Un altro aspetto determinante è l’aumento della concentrazione di polline nell’atmosfera, strettamente legato al riscaldamento globale. L’anidride carbonica, infatti, agisce sulle piante come un fertilizzante, favorendone la crescita e stimolando una maggiore produzione di polline. Inoltre, questo gas contribuisce all’effetto serra, innalzando le temperature e amplificando ulteriormente il fenomeno. Ma c’è di più: alcuni studi suggeriscono che i cambiamenti climatici possano provocare alterazioni epigenetiche, modificando l’espressione genetica delle piante. Questo porta a una produzione maggiore di proteine allergeniche nei granuli di polline, rendendoli più aggressivi per chi soffre di allergie.

3. Allergie respiratorie focus bambini e anziani

  • Negli ultimi anni si è osservato un aumento dei casi di allergie respiratorie nei bambini? Questo trend potrebbe essere legato a diversi fattori, tra cui l’inquinamento atmosferico, il cambiamento climatico, lo stile di vita più urbanizzato e una minore esposizione a microbi nella prima infanzia (ipotesi igienica)? Ci sono dei dati recenti che confermano questa tendenza? 

Si, le allergie respiratorie sono aumentate nei bambini del 5-10% rispetto alle decadi precedenti. Ci sono due aspetti fondamentali da considerare. Il primo riguarda il cambiamento delle nostre abitudini alimentari: consumiamo sempre meno alimenti crudi, come frutta, verdura e uova, impoverendo così il nostro microbioma intestinale. Studi dimostrano che una maggiore biodiversità del microbioma riduce il rischio di sviluppare malattie croniche, comprese quelle allergiche.  

A livello molecolare, è stata identificata una proteina, l’interleuchina 17 (IL-17), prodotta da specifici cloni di linfociti T (TH17). Questi risultano essere più numerosi e più attivi quando il microbioma è povero di biodiversità, contribuendo così alla cronicizzazione delle malattie e alla multi-morbilità. In genere, chi presenta alti livelli di TH17 e un microbioma alterato è più predisposto a sviluppare più patologie contemporaneamente, come asma, rinite, allergie e altre condizioni. Per questo motivo, mantenere un microbioma ricco e variegato è essenziale per la salute generale.

  • Ci sono evidenze scientifiche che suggeriscono che l’ambiente domestico e la dieta possano influenzare lo sviluppo di allergie nei più piccoli?

L’allattamento al seno offre due importanti benefici. Innanzitutto, fornisce un’elevata protezione contro l’insorgenza precoce delle malattie allergiche: è stato osservato che nei bambini allattati per almeno sei mesi, le prime manifestazioni allergiche tendono a comparire più tardi rispetto a quelli non allattati al seno, oltre a influire significativamente sulla composizione del microbioma intestinale. Anche la vitamina D gioca un ruolo fondamentale nell’espressione delle malattie allergiche, grazie alla sua azione immunomodulante, che incide sia sulla comparsa della patologia sia sulla gestione dei sintomi.

  • Come si gestisce l’allergia nei pazienti pediatrici? Ci sono precauzioni specifiche per i più piccoli?

Il muco è certamente uno dei fattori da tenere in considerazione nei bambini quando si tratta di gestione delle allergie. I più piccoli, infatti, non hanno ancora la capacità di espellere facilmente il muco, il che favorisce le infezioni respiratorie. È importante, quindi, che il piccolo paziente allergico venga aiutato molto nel ridurre il muco tramite l’utilizzo di farmaci specifici, quali gli antistaminici, gli antileucotrienici e gli steroidi per uso topico (nasale), calibrando adeguatamente il dosaggio al peso del bambino.

  • Negli anziani, le allergie respiratorie si manifestano in modo diverso rispetto agli adulti più giovani? Esistono studi che confermano che le reazioni allergiche possono essere meno intense con l’avanzare dell’età o, al contrario, che alcuni soggetti sviluppino allergie per la prima volta in età avanzata?

È importante distinguere tra chi è allergico sin dall’infanzia e chi sviluppa allergie in età avanzata. Nel primo caso, le manifestazioni della malattia sono spesso associate a un’alterazione delle strutture funzionali e respiratorie dovuta alla cronicità della patologia. Ad esempio, una persona che soffre di asma fin dall’infanzia e continua ad averla in età avanzata presenterà un’alterazione delle vie respiratorie più significativa rispetto a chi sviluppa l’asma bronchiale in età adulta. Tra le manifestazioni più comuni negli anziani che sviluppano allergie tardivamente, si riscontrano sintomi particolarmente intensi, come la perdita dell’olfatto e l’ostruzione nasale persistente. Ad oggi, come per i bambini, per gli anziani le allergie respiratorie sono aumentate del 5-10%.

4. Automedicazione e gestione quotidiana delle allergie

  • Quanto è importante intervenire tempestivamente ai primi sintomi e come un approccio consapevole e un uso responsabile dei farmaci di automedicazione può migliorare la qualità della vita delle persone allergiche? Quali sono i farmaci da banco più utilizzati per il controllo delle allergie respiratorie?

L’approccio tempestivo è fondamentale per migliorare la qualità della vita delle persone allergiche: più rapidamente si agisce, migliori saranno i risultati. L’uso di farmaci ai primi segni di sintomi è estremamente utile. Per chi soffre di asma, rinite o congiuntivite, è cruciale gestire adeguatamente la propria condizione, ricorrendo anche ai medicinali di automedicazione. Tra i farmaci da banco più utilizzati troviamo i trattamenti antistaminici topici (come quelli nasali o oculari) o sistemici da utilizzare nei periodi di massima pollinazione, quando è necessario aumentare la protezione, sovente associati ai farmaci prescritti dallo specialista come il corticosteroide topico per l’ostruzione nasale. Inoltre, l’utilizzo di questi ultimi per uso topico nasale è in aumento, di solito da soli o in associazione con l’antistaminico. Al contrario, si registra una diminuzione dell’uso di betadrenergici e alfalitici, farmaci che devono essere utilizzati solo per brevi periodi e non per periodi prolungati, come invece sarebbe necessario per i pazienti affetti da rinite allergica.

  • L’uso combinato di più farmaci, quelli da banco, come antistaminici insieme ad altre tipologie come i cortisonici resta una strategia efficace? Esistono linee guida per un uso ottimale?

Noi medici oggi diamo una grande importanza all’utilizzo del topico nasale, sia da solo come cortisonico, sia in associazione con l’antistaminico, poiché ottimale per le forme di rinite da lieve a moderata. Nelle altre forme c’è sempre necessità di un completamento dell’iter diagnostico, cioè una necessità di conoscere a cosa si è allergico, in modo da poter allestire tutta una serie di comportamenti che partono dall’allontanamento dell’allergene fino all’utilizzo di farmaci sistemici.

  • Quali strategie preventive possono adottare le persone a rischio, soprattutto nei periodi critici?

Oggi si parla di prevenzione “secondaria” delle allergie respiratorie, che consiste nel monitorare e prevedere se l’ambiente in cui ci si trova può scatenare sintomi allergici, nonché determinare i periodi dell’anno in cui si è più o meno suscettibili. Anche quando si viaggia, è importante scegliere attentamente la destinazione, preferendo luoghi con una minore concentrazione di pollini. Per raccogliere queste informazioni, i pazienti possono ricorrere anche a delle app specifiche, che risultano di grande utilità pertenere traccia dei propri sintomi e identificare i periodi dell’anno in cui si è maggiormente allergici.

  • In caso profilassi vaccinica, quando va fatta, da che età e con che tempistiche? Va ripetuta nel tempo? Una volta vaccinati, cosa bisogna attendersi dal quadro sintomatologico? 

I medici, oggi, come consiglio generale, suggeriscono di iniziare quanto prima l’immunoterapia specifica. Alcuni pediatri raccomandano di avviare questo trattamento già a partire dai 3 anni, o almeno durante l’età scolare (dai 6 anni in poi). Tuttavia, la possibilità di sottoporsi a una vaccinazione rimane sempre disponibile e sicura in qualsiasi fascia d’età.

Entrando nel merito delle tempistiche, l’immunoterapia specifica deve essere avviata quando i sintomi sono sotto controllo, indipendentemente dalla gravità della malattia. Se i sintomi sono gestibili, la terapia può iniziare in qualsiasi momento dell’anno. In passato, alcuni studi suggerivano di cominciarla prima dell’inizio della stagione allergica, ma oggi si preferiscono trattamenti non intermittenti. Si possono effettuare 1-3 anni di terapia, con un massimo di 5 anni, ottenendo così ottimi risultati duraturi.

Una volta vaccinati, non bisogna aspettarsi degli effetti immediati, bensì dei benefici duraturi nel tempo: infatti, anche dopo aver interrotto la terapia, i sintomi continuano a essere sotto controllo.

5. Falsi miti e disinformazione sulle allergie

  • È noto che gli antistaminici causino sonnolenza. Esistono molecole che non presentano questo fastidioso effetto?

Gli antistaminici di prima generazione hanno tutti come effetto la sonnolenza. Per quanto riguarda invece gli antistaminici di seconda generazione, possono avere un effetto sedativo, nonostante dipenda dall’individuo e dalla sua sensibilità alla molecola specifica.

  • Attività fisica e allergie: quali sport o ambienti sono più consigliati o da evitare per chi soffre di rinite allergica o asma?

Gli sport estremi (quali, ad esempio, sub o alpinismo) devono certamente essere valutati attentamente. Per il resto, tutti i pazienti allergici possono fare qualunque attività motoria, all’aperto o al chiuso, tenendo comunque i sintomi sotto controllo. 

  • Alcuni pensano che le allergie respiratorie si possano superare senza trattamenti specifici. Cosa dicono le evidenze scientifiche sul loro andamento nel tempo?

Purtroppo, no: se non curata, l’allergia tende a peggiorare nel tempo e gli episodi a ravvicinarsi.

  • L’alimentazione può influire sulle reazioni allergiche respiratorie? Ci sono cibi che possono peggiorare i sintomi (allergie crociate)?

Il Regolamento (UE) 1169/2011, in vigore dal 13 dicembre 2014, stabilisce l’obbligo di indicare chiaramente in etichetta gli ingredienti potenzialmente allergenici, utilizzando accorgimenti grafici come grassetto, colori differenti o sottolineature. Tra questi figurano latte, glutine, uova, pesce, arachidi, soia, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, anidride solforosa e solfiti, lupino, molluschi e i loro derivati. L’inserimento in etichetta è obbligatorio proprio per la loro capacità di scatenare reazioni allergiche.  

Alcuni alimenti, inoltre, possono provocare crisi asmatiche o riniti. Ad esempio, chi è allergico alle betulle o alle graminacee potrebbe sviluppare una reazione allergica dopo aver consumato determinati cibi.

6. Nuove prospettive terapeutiche e ricerca scientifica

  • Negli ultimi anni si sono fatti progressi importanti nella gestione delle allergie. Quali sono le innovazioni più promettenti nel trattamento sintomatico?

Una vera rivoluzione sono certamente le terapie biologiche, che ci hanno permesso di ottenere due risultati. Il primo, è quello di curare le forme gravi di asma e di poliposi nasale e il secondo di poter intraprendere delle desensibilizzazioni in soggetti molto allergici in cui prima non si poteva fare l’immunoterapia. Ad ogni modo, nelle forme gravi, è possibile raggiungere un controllo della malattia grazie all’utilizzo dell’immunoterapia specifica associata alla terapia con farmaci biologici.

  • Guardando al futuro, quali sviluppi potrebbero rivoluzionare la gestione delle allergie respiratorie nei prossimi anni?

Nei prossimi anni, diversi sviluppi potrebbero trasformare la gestione delle allergie respiratorie. L’intelligenza artificiale giocherà un ruolo chiave, con applicazioni avanzate per la prevenzione secondaria e strumenti di autodiagnosi che permetteranno una gestione più personalizzata. Le tecnologie digitali, come i calendari pollinici e le app per il monitoraggio dei sintomi, aiuteranno i pazienti a controllare meglio la loro condizione quotidiana.  

Sul fronte terapeutico, gli antistaminici di ultima generazione ridurranno gli effetti collaterali, come la sonnolenza, migliorando significativamente la qualità della vita. Infine, l’impatto del cambiamento climatico sulla stagionalità e l’intensità delle allergie sta diventando sempre più evidente, spingendo la ricerca verso nuove strategie di gestione e prevenzione.

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